*Melania Calvat*
Pastorella a La Salette
L'Apparizione della Santa Vergine sulla Montagna di La Salette
La più poetica ed estasiata descrizione che mai sia stata
fatta della divina bellezza della Santa Vergine.
Padre Livio Fanzaga
«La Vergine SS. era molto alta e ben
proporzionata; sembrava essere tanto leggera, che sarebbe bastato un soffio a
farla muovere, però era immobile e molto stabile. La sua fisionomia era
maestosa e imponente come sono i Signori di questa terra. Imponeva una
timidezza rispettosa. Mentre la sua Maestà, che imponeva rispetto misto ad
amore, attirava a Lei.
Il suo sguardo era dolce e penetrante; i suoi occhi sembrava che
parlassero con i miei, ma la conversazione proveniva da un profondo e vivo
sentimento d'amore verso questa attraente bellezza che mi liquefaceva. La
dolcezza del suo sguardo, l'aria di bontà incomprensibile, facevano intendere e
sentire che Ella attirava a sé per donarsi; era un'espressione d'amore che a
parole non si può esprimere e nemmeno con le lettere dell'alfabeto.
L'abito della Vergine SS. era bianco e argentato, molto splendente; non
aveva nulla di materiale: era fatto di luce e di gloria, variato e
scintillante; sulla terra non vi sono espressioni né paragoni da poter fare.
La Vergine SS. era tutta bella e tutta fatta d'amore; guardandola, io
languivo per fondermi in Lei. Dai suoi ornamenti come dalla sua persona, da
tutto trapelava la maestà, lo splendore, la magnificenza, fulgente, celeste,
fresca, nuova come una Vergine; sembrava che la parola Amore sfuggisse dalle
sue labbra argentee e pure. Aveva l'apparenza di una Mamma affettuosa, piena di
bontà, di amabilità, di amore per noi, di compassione e di misericordia.
La corona di rose che portava sulla testa era così bella, così
brillante, da non potersene fare un'idea; le rose di diversi colori non erano
di questa terra; era un insieme di fiori che circondava il capo della Vergine
SS., proprio in forma di corona; ma le rose cambiavano e si ricambiavano; poi
dal centro di ogni rosa usciva una luce così bella che rapiva, e faceva sì che
la loro bellezza risplendesse. Dalla corona di rose uscivano come dei rami
d'oro e tanti altri piccoli fiori misti a brillanti. Il tutto formava un
diadema che da solo brillava più del nostro sole terreno.
La Vergine portava una preziosissima Croce sospesa al collo.
Questa Croce sembrava d'oro: dico d'oro
per non dire un pezzo d'oro; a volte ho visto degli oggetti dorati con alcune
sfumature, ciò che faceva ai miei occhi un effetto più bello di un semplice
pezzo d'oro. Su questa bella Croce piena di luce vi era il Cristo Nostro
Signore con le braccia stese sulla Croce. Quasi alle due estremità della Croce
vi erano: da una parte un martello e dall'altra una tenaglia. Il Cristo era
color carne naturale ma riluceva con grande splendore; e la luce che usciva da
tutto il suo corpo sembrava come dardi lucentissimi che mi infiammavano il
cuore per il desiderio di perdermi in Lui. A volte il Cristo sembrava morto;
aveva la testa inclinata e il corpo rilassato quasi cadesse se non fosse stato
trattenuto dai chiodi che lo fissavano sulla Croce.
Io ne avevo viva compassione; avrei voluto comunicare al mondo intero il
suo amore sconosciuto e infondere nelle anime dei mortali il più sentito amore
e la più viva riconoscenza verso un Dio che non aveva assolutamente bisogno di
noi per essere quello che è, ciò che era e ciò che sempre sarà; e tuttavia, oh
amore per l'uomo incomprensibile!, s'è fatto uomo, ha voluto morire, sì,
morire, per poter meglio scrivere nelle nostre anime e nella nostra memoria il
pazzo amore che ha per noi! Oh, come mi sento infelice nel constatare la mia
povertà di espressione nel riferire l'amore del nostro buon Salvatore per noi!
Ma, d'altra parte, come siamo felici di poter sentire meglio ciò che non
possiamo esprimere!
Altre volte il Cristo sembrava vivo; aveva la testa diritta, gli occhi
aperti, e sembrava sulla Croce di sua volontà. A volte, anche, pareva che
parlasse: sembrava mostrasse che era in Croce per noi, per amor nostro, per
attirarci al suo amore che ha sempre un nuovo amore per noi, che il suo amore dell'inizio,
dell'anno 33, è sempre quello di oggi e lo sarà sempre.
Mentre mi parlava, la Vergine SS. piangeva ininterrottamente. Le sue
lacrime cadevano l'una dopo l'altra, lentamente, fin sopra le sue ginocchia;
poi, come scintille di luce, sparivano. Erano splendide e piene di amore. Avrei
voluto consolarla e non farla piangere. Ma mi sembrava che Ella avesse bisogno
di mostrare le sue lacrime per meglio manifestare il suo amore dimenticato
dagli uomini. Avrei voluto gettarmi fra le sue braccia e dirle: "Mia buona
Madre, non piangete! Io voglio amarvi per tutti gli uomini della terra".
Ma sembrava che mi rispondesse: "Ve ne sono molti che non mi
conoscono!".
Ero tra la morte e la vita, vedendo da un lato tanto amore, tanto
desiderio di essere amata e, dall'altro, tanta freddezza ed indifferenza... Oh,
Madre mia tutta bella e tanto amabile, amore mio e cuore del mio cuore!
Le lacrime della nostra tenera Madre, lungi dal diminuire la sua Maestà
di Regina e Sovrana, sembravano invece renderla più bella, più potente, più
piena d'amore, più materna, più attraente; avrei mangiato le sue lacrime che
facevano sobbalzare il mio cuore di compassione e d'amore. Veder piangere una
Madre, ed una tale Madre, senza adoperare tutti i mezzi possibili per
consolarla, per cambiare i suoi dolori in gioia, si può comprendere?
O Madre più che buona! Voi siete stata formata di tutte le prerogative
di cui Dio è capace. Voi avete, in un certo senso, esaurito la potenza di Dio;
Voi siete buona, ed ancora buona della bontà di Dio stesso; Dio, formandovi
come il suo capolavoro celeste e terrestre, si è reso ancora più grande.
La Vergine SS. aveva un grembiule giallo. Ma che dico, giallo? Aveva il
grembiule più luminoso di più soli messi insieme. Non era una stoffa materiale,
ma un composto di gloria, e questa gloria era splendente di una bellezza che
rapiva. Tutto nella Vergine SS. mi portava ad adorare e ad amare il mio Gesù in
tutti i dettagli della sua vita mortale.
La Vergine SS. aveva due catene, una un po' più larga dell'altra. A
quella più stretta era sospesa la Croce di cui ho parlato sopra. Queste catene
(non posso chiamarle diversamente) erano come dei raggi di gloria, di un gran
chiarore che variava e scintillava.
Le scarpe, poiché così bisogna chiamarle, erano bianche, ma di un bianco
argenteo, brillante, ed intorno vi erano delle rose. Queste rose erano di una
bellezza abbagliante, e dal centro di ognuna usciva come una fiamma di luce
bellissima e gradevolissima. Sulle scarpe vi era un fermaglio d'oro, ma non oro
di questo mondo, bensì di paradiso.
La visione della Vergine SS. era di per sé un intero paradiso. Lei aveva
con sé tutto quanto poteva dare soddisfazione, poiché si dimenticava questa
terra.
La Madonna era circondata da due luci: la prima, a Lei più vicina,
arrivava fino a noi e brillava con vivissimo splendore. La seconda luce si
spandeva un po' più attorno alla Bella Signora, e noi ci trovavamo immersi in
essa ed era immobile (cioè non brillava) e molto più luminosa del nostro sole
terrestre. Tutte queste luci non facevano male agli occhi, e non affaticavano
la vista.
Oltre queste luci e tutto quello splendore, vi erano altri fasci di luce
o altri raggi di sole, come se nascessero dal corpo della Vergine, dai suoi
abiti, dappertutto.
La voce della Bella Signora era dolce; incantava, rapiva, e faceva bene
al cuore; saziava, appianava ogni ostacolo, calmava, addolciva: mi sembrava
come se volessi sempre saziarmi della sua
bella voce, ed il mio cuore pareva
ballare o volerle andare incontro per struggersi in Lei.
Gli occhi della Vergine SS., nostra tenera Madre, non possono essere
descritti da lingua umana. Per parlarne occorrerebbe un Serafino, più ancora,
occorrerebbe la lingua stessa di Dio, di quel Dio che formò la Vergine
Immacolata, capolavoro della sua Onnipotenza.
Gli occhi dell'augusta Maria sembravano
mille e mille volte più belli dei brillanti, dei diamanti, delle pietre
preziose più ricercate; brillavano come due soli; erano dolci, come la stessa
dolcezza, limpidi come uno specchio. In quei suoi occhi si vedeva il paradiso;
attiravano a Lei; sembravano che Ella volesse donarsi e attirare. Più la
guardavo, più desideravo guardarla; e più la guardavo, più l'amavo; e l'amavo
con tutte le mie forze.
Gli occhi della bella Immacolata erano come la porta di Dio, da dove si
vedeva tutto quanto poteva inebriare l'anima. Quando i miei occhi si
incontravano con quelli della Madre di Dio e mia, sentivo dentro di me una
gioiosa rivoluzione d'amore ed una protesta d'amarla e distruggermi d'amore.
Guardandoci, i nostri occhi, a loro modo, si parlavano, e l'amavo
talmente che avrei voluto abbracciarla proprio nell'intimo stesso di quegli
occhi che mi intenerivano l'anima e sembravano attrarla e farla fondere con la
sua. I suoi occhi comunicavano un dolce tremito a tutto il mio essere; e temevo
di fare il più piccolo movimento, per paura che le potesse essere minimamente
sgradevole.
La sola vista dei suoi occhi sarebbe bastata per costituire il Cie-lo di
un beato; sarebbe bastata per far entrare un'anima nella pienezza della Volontà
dell'Altissimo, per tutti gli avvenimenti che capitano nel corso della vita
mortale; sarebbe bastata per far fare a quest'anima degli atti di lode, di
ringraziamento, di riparazione, di espiazione. Questa visione, da sola,
concentra l'anima in Dio e la rende come una morta-vivente, che guarda tutte le
cose della terra, anche quelle che sembrano più serie, come se fossero semplici
giuochi di bambini; l'anima vorrebbe soltanto sentire parlare di Dio e di tutto
ciò che riguarda la sua Gloria.
Il peccato è il solo male che Lei vede
sulla terra. Se Dio non la sostenesse, ne morirebbe di dolore. Amen».
Castellammare, 21 novembre 1878.
MARIA DELLA CROCE VITTIMA DI GESÙ nata Melania CALVAT,
pastorella di La Salette.
Per
CONTATTI: antoniob64@libero.it
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